Soft Enterprise Power

SOFT ENTERPRISE POWER

Soft power, traducibile in italiano con potere dolce o potere convincitivo, è un termine utilizzato nella teoria delle relazioni internazionali per descrivere l’abilità di un potere politico di persuadere, convincere, attrarre e cooptare, tramite risorse intangibili quali cultura, valori, condivisione.

Nel 1990, alla luce dei cambiamenti geopolitici e dell’indebolimento dei vincoli del modello bipolare sul comportamento, sul ruolo e sulle politiche estere delle diverse nazioni, viene pubblicato il libro del politologo statunitense Joseph Nye dal titolo “Bound to Lead: The Changing Nature
of American Power”. Come suggerisce il titolo dell’opera di Nye, anche gli Stati Uniti d’America, indiscussi protagonisti dello scorso secolo dello
scacchiere geopolitico mondiale, si trovano a ridiscutere e dover rivedere quale sarà il loro ruolo nel mondo che verrà a delinearsi
terminata la Guerra Fredda. Nel suo libro, Nye parla per la prima volta
in modo approfondito di cosa sia il soft power, della sua importanza e delle diverse connotazioni che si stavano formando intorno al concetto di potere.

Torniamo a oggi e a noi: perché questo “club” dedicato al Soft Power di Consulting Service?

Paradigma assunto

Il soft power indica la capacità che possiede una organizzazione di persuadere o attrarre facendo uso di tutti gli strumenti collegati alla sua storia, alla sua cultura, alle sue espressioni intellettuali e ai valori che queste emanano.

Significa “convincere” l’altra parte a raggiungere [condividere] il medesimo
obbiettivo, ed è indispensabile comprendere come gli altri “ascoltino” il messaggio che si vuole trasmettere e nell’evenienza apportare
alcune modifiche se la “ricezione” non è conforme al senso del nostro messaggio.
Se siamo una organizzazione soft power, nel convincere gli altri, non ricorreremo mai a nessun mezzo coercitivo, né di pensiero né di azione.

La ragione principale per cui il paradigma del soft power applicato alle imprese si adatta pienamente ai tempi attuali, a ciò che stiamo vivendo e vivremo dall’anno 1 dopo covid (il 2019 dopo Cristo), si può ricercare
analizzando il pensiero dello storico greco Tucidide, vissuto nel V secolo a.C.
La famosa trappola di Tucidide insegna che “la sfida di una potenza emergente a una potenza egemone pone una grave minaccia alla stabilità e alla pace.”

Usciamo dal paradigma SEP
E quindi: cosa succede quando una potenza emergente minaccia una potenza egemone? La risposta a questa domanda è stata fornita esaustivamente da Graham Allison, il quale analizza sedici casi in cui una potenza emergente si è trovata a fronteggiare una potenza egemone con il successivo passaggio di consegna. In dodici dei sedici casi analizzati dallo studioso il passaggio di
consegna ha richiesto l’uso della guerra e spargimenti di sangue, mentre nei restanti quattro casi non si è fatto appello all’uso della violenza. I quattro casi “pacifici” sono gli ultimi dei sedici selezionati e tutti e quattro dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Questo trova una spiegazione se si pensa che tutte le grandi potenze mondiali a partire da quel momento abbiano iniziato a far

leva sul deterrente atomico, quindi, l’uso di elementi soft divenne indispensabile per evitare di destabilizzare in maniera catastrofica l’equilibrio globale.

Rientriamo nel paradigma SEP
Il potere è l’impresa, la potenza egemone è chi ha maggiori quote di mercato, l’uso della guerra è dumping, crollo dei prezzi, investimenti pubblicitari fuori misura. Lo spargimento di sangue sono i margini e i capitali che con la guerra si lasciano sul terreno. In una brillante Ted conference, Nye definisce il potere come “nient’altro che la possibilità di influenzare gli altri per ottenere i risultati voluti”.
Si può esercitare potere, dice Nye, in tre modi: con il bastone, cioè minacciando e usando la forza, con la carota, cioè usando  il denaro.
Poi c’è il terzo modo, quello sul quale vogliamo costruire SEP: persuadere gli altri a desiderare spontaneamente di fare quello che si vuole che loro facciano. E questo è potere morbido, il soft power: pura capacità seduttiva.

Se l’hard power della forza muove la gente a spintoni, il soft power la attira suscitandone il consenso, attraverso le narrazioni e la costruzione di un immaginario attraente.

In sostanza, il concetto di soft power ci fa capire che la seduzione è più potente della coercizione o del denaro (inteso come sconti, premi, pubblicità). E, di più, è anche più sottile e permanente.

Poiché il soft power è fatto di reputazione e di desiderabilità, una lo si può esercitare indipendentemente dalla propria dimensione.

Fra gli obiettivi primari raggiungibili attraverso il soft power c’è quello di migliorare la percezione che il “resto” ha di noi, della nostra impresa o organizzazione.

La percezione è (anche) un fatto cognitivo, e non solo sensoriale. È influenzata da quanto ogni persona crede, pensa e sa, e dalle aspettative che ha

La cassetta degli attrezzi per usare il soft power è fatta di utensili bellissimi: conoscenza, informazione, cultura, creatività, sensi, immaginazione per citare alcuni di quelli immateriali, e tutte le tecnologie o gli strumenti analogici che ci consentono di trasmettere e condividere i valori creati con gli attrezzi immateriali.


Ecco, con SEP (Soft Enterprise Power) Consulting Service vuole creare una agorà
in cui i clienti e chiunque voglia far parte diquesto “club” possano trovare strumenti, conoscersi, connettere e connettersi al fine di far crescere in ciascuno di noi la cultura del soft power.

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